CAPANNA MERIGETTO

CAPANNA MERIGETTO

Finalmente qualcuno risponde al CAI di Germignaga, è tutta la settimana che chiamo invano. E’ già venerdi sera, questa era l’ultima occasione, altrimenti Pian di Boit. Non che mi dispiacesse, ma avevo voglia di vedere posti nuovi. Mi danno il benestare per prestarci le chiavi della Capanna Merigetto. Ci mettiamo d’accordo per la mattina seguente di trovarci con questo certo Piero Nangeroni (0332 536581) in piazza a Germignaga. Chiavi alla mano ci spariamo oltre Curiglia, sino alla stazione della funivia che porta in dieci minuti a Monteviasco (loc. Piero). Noi invece, spinti dalla nostra voglia di bosco, saliamo a piedi il nostro migliaio di scalini, raggiungendo dopo un’ora l’Alpe. Ci fermiamo su una terrazza che si apre verso Fiasco. Sono circa le 11.00 e sui tetti di fronte a noi, numerosi gatti si crogiolano paffuti al sole. Dopo questo piccolo riposino ripartiamo attraversando questo antico e caratteristico borgo, per inoltrarci sulla salita che conduce dopo 10 minuti ad  una cappelletta con vista panoramica sulla valle. Un po’ di cioccolata e una sorsata di acqua prima di rimetterci in cammino. La giornata è tersa e mite a tal punto che indosso una felpa leggera. Poco dopo il sentiero si divide e noi prendiamo a sinistra in salita, attraversando boschi di betulle e castagni. Mano a mano che si sale il bosco si apre lasciando spazio ad ampi prati fino ad  arrivare sotto una ripida rampa sui monti nudi di fronte a noi.

Il sentiero ora si fa più ripido e guadagna in poco tempo l’Alpe Corte, situato su una sella prativa, dominato da un gregge di capre. Il capobranco staziona solitario più in alto, per dominare e controllare le sue femmine.

Ora la salita si fa ripida e si insidia con prepotenza fra le rocce, ma ci porta veloce fino al rifugio che ci appare all’improvviso dietro una collina prativa.

Dal comignolo esce del fumo, segno inconfondibile che c’è già qualcuno. Strano, al CAI ci avevano detto che eravamo soli!

Un signore sulla sessantina, e forse oltre, si affaccia alla porta e ci invita ad entrare. Poco male, almeno dentro il locale è già caldo.

Dal libro di bordo, scopriamo successivamente che si chiama Celestino e viene qui almeno una o due volte alla settimana.

Dentro il rifugio è molto accogliente, direi ottimamente attrezzato; nulla a che vedere con i  miei cari bivacchi della Valgrande.

Dopo esserci cambiati all’interno, ci mettiamo a mangiare al tavolo fuori al sole; si sta benissimo fuori, basta avere su una felpa e una lattina di birra. Finito di mangiare quel signore ci prepara un buon caffè e ce lo porta direttamente al tavolo. Gentile! Poco dopo lui si congeda da noi, e cosi rimaniamo da soli nel “nostro” rifugetto caldo. Ci prepariamo per fare una passeggiata sino al passo Agarico. Ci impieghiamo solo una ventina di minuti. Sotto i nostri passi scricchiola la neve dura; nessuna impronta, solo le nostre! Arrivati al passo, il panorama è veramente favoloso; siamo sulla cresta dove passa il famoso sentiero “Lema – Tamaro”, e che segna il confine Italia – Svizzera. A poche centinaia di metri da noi c’è nel territorio svizzero un altro rifugino. Andiamo a vederlo: purtroppo non è molto accogliente, anzi è piuttosto una “topaia”. All’interno, come tutti i rifugi svizzeri, una fornita dispensa di bottiglie di ogni genere. Di fianco un cestino di vimini pieno di soldi, circa 100 euro più molti franchi svizzeri. Incredibile son li e nessuno li tocca! Gran gente gli svizzeri; se era in Italia spariva anche il cestino!

Mi siedo fuori dal rifugio su una panca di legno e resto li ad ammirare il paesaggio per un po’. Il silenzio domina incontrastato.

E’ ora di tornare al nostro rifugino, giù quindi ritornando sui nostri passi. Sotto di noi un gruppo di camosci bruca nelle chiazze d’erba nel mare bianco. La stufa brontola ancora e dentro c’è una bella temperatura: 26°. Niente male!

Un bel tè caldo e poi ci portiamo appena fuori il rifugio, su una motta che domina un panorama stupendo: il Lago Maggiore circondato da mille e più montagne. In lontananza si vede anche il Cervino, il Rosa, e persino il Monviso. Vicino a noi, il Lago ci separa dalle nostre montagne della Val Grande. Conosciamo tutte le sue cime, le sue valli, le sue e le nostre storie.

E’ il tramonto e il rosso domina il cielo. E’ difficile descrivere cosa i nostri occhi stanno immagazzinando, ma non credo che lo dimenticherò facilmente. Scatto un po’ di foto, ma non credo che riprodurranno esattamente questo paradiso di fuoco.

Nel frattempo un gregge di capre ci passa vicino e si ferma su un ripido costone; anche loro rimangono incantati dal cielo rosso che si riflette sul lago. Rimarranno li per tutta la notte. Noi invece ci fermiamo finchè il buio porta via ogni pulviscolo di luce.

Rientriamo nel nostro covo e ci prepariamo per il rito della cena; il solito aperitivo con i bagigi, apre le danze!

Spezzatino con i piselli, polenta e molto buon vino, allietano la nostra serata. Una partitona a scopa, vin brulè e un buon sigaro ci accompagnano fino a tardi. Verso le 22.00 torniamo fuori a sederci sul nostro balcone ad ammirare le mille luci che addobbano le sponde del Lago. Ci sdraiamo sul prato secco: Non fa freddo, si sta veramente bene a tal punto che mi abbiocco per una decina di minuti. Che favola, mi dispiace quasi dover rientrare per la notte. Dentro fa veramente caldo, e sulle nostre brande, dormo praticamente fuori dalle coperte. Solo verso il mattino mi copro perchè l’aria si rallegra.

Dormiamo placidi fino alle 8.30, poi il sole esplode attraverso le finestre. Ci sono ancora 14° all’interno. Esco dal mio giaciglio e subito dal rifugio per espellere il bere della sera precedente. L’aria è frizzante ma il sole mi accarezza con i suoi caldi raggi. Poco sopra di me un gruppo di camosci scappa impaurito. Rientro e metto un po’ in ordine il rifugio; dovrebbe arrivare in mattinata una certa Paola e Renzo dirigenti del CAI. Meglio non fargli vedere come abbiamo conciato il rifugio.

Appena gli altri si alzano, facciamo colazione con caffelatte e biscotti, poi mettiamo in ordine e ci prepariamo per partire.

Non seguiamo il sentiero di ieri, ma preferiamo invece seguire le creste che ci portano direttamente a Monteviasco; il panorama ne guadagna notevolmente. Credo che sia il sentiero “le cascinette”.

Raggiunto Monteviasco ci rilassiamo al sole su una terrazza panoramica; in maglietta si sta divinamente. Attendiamo mezzogiorno, poi ci infilamo in una trattoria per un bel brasato con polenta. La scalinata ci riporta in fretta alla nostra macchina.

Bello, bello veramente! Tante volte ci sono posti fantastici qui vicino a casa e non me ne rendo conto; ora ne ho scoperto uno.

Tornerò sicuramente, sono stati due giorni favolosi in un ambiente spettacolo. Tornare con la neve alta in pieno inverno deve essere qualcosa di  incredibile.

A presto.

Luca